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L'arte di far debiti

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Antonio Ghislanzoni
L'arte di far debiti

RAGIONE DELLʼOPERA

Io, Roboamo Puffista, barone senza stemma, cavaliere di tutte le industrie, gran croce dellʼordine dei Nullatenenti, dottore di scienza occulta, nato a Londra, battezzato a Parigi, educato a Costantinopoli, assente da tutte le città del globo e inquilino perpetuo della ignota dimora;

Trovandomi oggimai ridotto allʼestremo passo della vita, e sapendo per certi dati di dover tirare lʼultimo fiato innanzi alla scadenza delle mie ottocento ventiquattro cambiali girovaghe, firmate per la massima parte con nomi di fantasia; Non possedendo, pel momento, altri fondi per soddisfare a miei impegni cambiarii che quattro marche da giuoco e dodici bottoni del mio quondam cappotto da guarnazionale;

E volendo, dʼaltra, parte, chiudere gli occhi senza rimorsi, e lasciare, in mancanza di altri capitali, un nome onorato e benedetto, sicchè la maggioranza della umanità mi protegga, dopo morte, dalla malevolenza e dalla calunnia dei miei vili creditori, i quali, come risulta dalle recenti statistiche della popolazione del globo, non cessano di rappresentare una minoranza impercettibile:

Ho risoluto, come risolvo, di tramandare ai posteri un breve opuscolo che si intitola lʼArte di far Debiti, già ideato a Parigi nei miei primi ozii di Clichy, abbozzato a Milano durante la mia involontaria permanenza in un piccolo appartamento della via di SantʼAntonio, e ridotto a purgata lezione in questi ultimi giorni di domicilio coatto impostomi dalla malattia.

Questo opuscolo è la sintesi di tutta la mia vita, il riepilogo di tutte la mie grandi esperienze; è un immenso patrimonio che io trasmetto alla umanità tutta intera – Quandʼanche i miei creditori (gente di dura cervice!) non volessero, o fingessero di non riconoscere lʼimportanza del mio libro, – io mi tengo certo che la parte meno pregiudicata dal mio sistema economico gli farà buon viso.

Io muoio in unʼepoca di grande progresso – io scomparisco, dal mondo mentre è già prossima la maturità dei tempi, in cui lʼuniverso non rappresenterà che una immensa gabbia di… debitori.

La sentenza è paradossale – ma io tengo per fermo che fra una diecina dʼanni, la specie dei creditori avrà cessato di esistere, e al mondo non vi saranno che debitori.

Una chiaroveggenza divina irradia lo spirito dei morenti – io leggo nellʼavvenire… io prevedo la grande epoca del deluto universale.

Sulle piazze si erigono delle cataste… Da quelle cataste… sporgono dei volti umani… dei ceffi raggrinzati e defformi… dei nasi cogli occhiali… delle bocche immani da usurai che digrignano i denti…

Sapete cosa sono quelle cataste? – sono a milioni di migliaia le cambiali in protesto del genere umano – sono cartelle del debito pubblico, cartelle di prestiti municipali, azioni di strade di ferro e di canali – libri mastri di caffettieri e di sarti – note di brugnoni e di modiste…