“TRADITA è un grande volume di questa serie. Morgan Rice ha davvero realizzato un'opera vincente in questa serie. E' incalzante, colmo di azione, amore, suspense e intrigo. Se non avete letto i primi due romanzi, leggeteli e poi mettete le mani su TRADITA. Ho letto questi libri in ordine, ma ognuno di essi è anche fatto per essere letto individualmente, perciò anche se non avete letto i primi due, procuratevi TRADITA. Sono certo che finirete per procurarvi anche i primi due – vale la pena leggerli o almeno una volta…o due!”
–-VampireBookSite
"TRAMUTATA è un libro che può competere con TWILIGHT e VAMPIRE DIARIES, uno di quelli che vi vedrà desiderosi di continuare a leggere fino all'ultima pagina! Se siete tipi da avventura, amore e vampiri, questo è il libro che fa per voi!"
–-Vampirebooksite.com
“La Rice fa un ottimo lavoro nello spingervi nella storia sin dall'inizio, utilizzando una grande capacità descrittiva, che trascende la mera descrizione dei luoghi … Ben scritto, ed estremamente veloce da leggere, TRAMUTATA è un buon inizio per una nuova serie sui vampiri, per chi intende immergersi in una storia leggera e interessante.”
–-Black Lagoon Reviews
Morgan Rice è l'autrice Bestseller di APPUNTI DI UN VAMPIRO, una serie per ragazzi che comprende undici libri (e destinata a continuare) la serie bestseller THE SURVIVAL TRILOGY, un thriller post-apocalittico che comprende due libri (e destinata a continuare); e la serie epica fantasy bestseller L'ANELLO DELLO STREGONE, composta da tredici libri (e destinata a continuare).
I libri di Morgan sono disponibili in edizioni audio e stampate, e le traduzioni dei libri sono disponibili in tedesco, francese, italiano, spagnolo, portoghese, giapponese, cinese, svedese, olandese, turco, ungherese, ceco e slovacco (e molte altre lingue si aggiungeranno).
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Copyright © 2014 di Morgan Rice
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Questa è un'opera di fantasia. Nomi, personaggi, aziende, organizzazioni, luoghi, eventi e fatti sono il frutto dell'immaginazione dell'autrice o sono utilizzati a puro scopo d'intrattenimento. Qualsiasi rassomiglianza a persone reali, viventi o meno, è pura coincidenza. In copertina: Modella: Jennifer Onvie. Fotografia: Adam Luke Studios, New York. Truccatrice: Ruthie Weems.
Se desideri contattare uno di questi artisti, scrivi a Morgan Rice.
In copertina:
Modella: Jennifer Onvie. Fotografia: Adam Luke Studios, New York. Truccatrice: Ruthie Weems.
Se desideri contattare uno di questi artisti, scrivi a Morgan Rice.
A Londra, al tempo di Shakespeare, il combattimento di cani contro un orso era una forma di spettacolo molto comune. Un orso era legato ad un palo, mentre un branco di cani selvaggi veniva liberato. Si aprivano poi le scommesse su chi sarebbe stato vincitore dello scontro. Lo stadio che ospitava il combattimento dei cani contro l'orso era collocato proprio vicino al teatro di Shakespeare. La maggioranza delle persone, che si recava ad assistere al crudo combattimento tra questi animali, andava poi ad assistere ad un'opera di Shakespeare.
All'epoca del bardo, le persone che assistevano alle sue opere non facevano parte di un'elite né erano sofisticate. Al contrario. La maggioranza di esse era rude, rozza, e composta da plebei che ci andavano per puro divertimento, pagando un solo penny per entrare. Per tale prezzo, dovevano restare in piedi nello spiazzo davanti al palco per l'intera durata della rappresentazione, senza potersi sedere nei tre livelli del teatro, ed erano pertanto soprannominati “groundling”.
La Londra di Shakespeare era civilizzata—ma era anche brutale. Era un evento comune assistere ad esecuzioni e ad alla pubblica tortura dei criminali per le strade. L'accesso che conduceva alla strada più famosa —il London Bridge—era spesso fiancheggiato da pali, su cui erano conficcate numerose teste di criminali.
La Peste Bubbonica (nota anche come la Morte Nera) uccise milioni di persone in Europa, e colpì svariate volte Londra nel corso dei secoli. Si diffuse in luoghi caratterizzati da uno scarso rispetto delle norme igieniche e da sovraffollamento e colpì molto duramente il distretto del teatro di Shakespeare. Sarebbero occorsi secoli prima di scoprire che i portatori della peste erano le pulci, che infestavano i ratti.
“Vieni, gentile notte, vieni, amabile e nera notte,
Dammi il mio Romeo; e, quando perirà,
Conducilo in cielo e dividilo in piccole stelle,
E lui renderà così bello il volto del cielo
Che il mondo intero s'innamorerà della notte
E non pagherà alcun tributo allo splendente sole.”--William Shakespeare, Romeo e Giulietta
Londra, Inghilterra
(Settembre, 1599)
Caleb si svegliò al suono delle campane.
Si tirò su di scatto e si guardò intorno, respirando affannosamente. Aveva sognato Kyle che lo inseguiva e Caitlin che tendeva una mano in cerca di aiuto. Si trovavano in un campo pieno di pipistrelli, in cielo splendeva un sole rosso sangue, ed era sembrato così reale.
Ora, guardandosi intorno nella stanza, tentò di capire se quei sogni fossero stati veri o se si fosse davvero svegliato e tornato indietro nel tempo. Per alcuni secondi rimase immobile ascoltando il suo respiro, ispirando l'aria fredda e umida, immerso nel silenzio scandito solo dal sereno battito del suo cuore; si rese conto che si era trattato solo di un sogno. Era davvero sveglio.
Caleb capì di essere all'interno di un sarcofago aperto. Si guardò intorno: era all'interno di una stanza scura, quasi una caverna, in cui erano ospitati molti sarcofagi. C'erano bassi soffitti ad arco e le finestre erano ridotte a strettissime fessure, dalle quali filtrava un fascio di luce lunare, ridotto ai minimi termini ma sufficiente a consentirgli di vedere. Data una rapida occhiata, si mise una mano in tasca, e applicò le gocce agli occhi, felice di accorgersi che erano ancora lì. Lentamente, il dolore si attenuò e lui iniziò a rilassarsi.
Caleb saltò in piedi con un solo balzo e perlustrò la stanza, spostandosi cautamente in ogni direzione. Stava ancora in guardia, perché non intendeva essere attaccato o colto di sopresa prima ancora di aver avuto la possibilità di sentirsi a proprio agio in una nuova situazione. Ma non c'era nulla e nessuno, nella stanza. Soltanto il silenzio. Notò gli antichi pavimenti in pietra, le pareti, il piccolo altare e la croce, e suppose di trovarsi all'interno della cripta inferiore di una chiesa.
Caitlin.
Caleb controllò di nuovo l'interno della stanza, cercando un segno qualsiasi di lei. Sentì una sorta di urgenza, mentre si precipitava verso il sarcofago più vicino al suo. Con tutta la forza di cui era capace, spinse il coperchio per aprirlo.
Il cuore batteva alla speranza di trovarla. Ma all'interno non vi era nessuno.
Caleb si mosse rapido, da un sarcofago all'altro, spostando ogni coperchio. Ma tutti erano vuoti.
Caleb sentì crescere la disperazione dentro di sé, mentre apriva l'ultimo coperchio della stanza, con una forza tale che si schiantò al suolo, riducendosi in miriadi di frammenti. Ma in cuor suo avvertiva già un'acuta e sgradevole premonizione: come tutti gli altri, lo avrebbe trovato vuoto – ed ebbe ragione. Caitlin non era all'interno di quella stanza, comprese, mentre un freddo sudore inizia a farsi sentire. Dove poteva essere?
Il timore di essere tornato indietro nel tempo senza di lei gli provocò un brivio lungo la schiena. Teneva a lei più di quanto riuscisse a dire e, senza averla al proprio fianco, la sua vita, la sua missione, erano inutili.
Improvvisamente, si ricordò di qualcosa e, mettendosi una mano in tasca, volle sincerarsi che fosse ancora lì. Per fortuna lo era. La fede nuziale di sua madre. La espose alla luce, e ammirò lo zaffiro da sei carati, perfettamente tagliato, montato su una fascia di diamanti e rubini. Non era mai riuscito a trovare il momento giusto per chiederle di sposarlo. Stavolta, però, era determinato a farlo.
Se, naturalmente, era davvero tornata indietro nel tempo.
Caleb sentì un rumore e si precipitò verso l'entrata, percependo un movimento. Sperò con tutto il cuore che si trattasse di Caitlin.
Ma fu sorpreso di ritrovarsi a guardare in basso, non appena la persona ebbe svoltato l'angolo: non si trattava affatto di una persona. Era Ruth. Caleb fu felicissimo di vederla lì, di vedere che fosse sopravvissuta al viaggio nel tempo.
Riconosciutolo, la lupa si avvicinò a Caleb scondinzolando, con gli occhi illuminati dalla gioia. Appena si fece più vicina, Caleb s'inginocchiò e lei corse tra le sue braccia. Caleb voleva bene a Ruth, e si sorprese di quanto fosse cresciuta: sembrava che la sua taglia fosse raddoppiata, ed era un animale formidabile. Fu anche confortato di trovarla lì: forse ciò significava che anche Caitlin era lì.
Improvvisamente, Ruth si voltò e corse fuori dalla stanza, sparendo dietro l'angolo. Colto alla sprovvista, Caleb si affrettò a starle dietro per capire dove stesse andando.
Si ritrovò in un'altra stanza con il soffitto a volta, punteggiata di sarcofagi. Poteva vedere che erano tutti già aperti e vuoti.
Ruth continuò a correre, guaendo, e poi uscì anche da quella stanza. Caleb cominciò a chiedersi se Ruth lo stesse conducendo da qualche parte. Lui corse dietro di lei.
Dopo aver attraversato svariate stanze, Ruth finalmente si fermò in una nicchia alla fine del corridoio, illuminata soltanto da una singola torcia. Al suo interno si trovava un solo sarcofago di marmo, decorato in modo complesso.
Caleb vi si avvicinò lentamente, trattenendo il respiro, sperando che Caitlin potesse trovarsi al suo interno, quasi sentendolo nel suo cuore.
Ruth si sedette accanto al sarcofago, e guardò Caleb. Guaì fortemente.
Caleb s'inginocchiò e provò a spostare il coperchio, per aprirlo. Ma questo era molto più pesante degli altri, ed era alquanto difficile spostarlo.
Caleb s'inginocchiò e spinse più forte, facendo appello a tutta la sua forza, e, finalmente, il coperchio cominciò a spostarsi. Continuò a spingere, e pochi istanti dopo, il coperchio venne completamente via.
Caleb si sentì immediatamente sollevato: aveva trovato Caitlin che giaceva lì, ancora immobile, con le mani poggiate con cura sul petto. Ma il sollievo mutò in preoccupazione mentre la studiava, accorgendosi del fatto che era più pallida di quanto non fosse mai stata. Non c'era colore sulle sue guance, e gli occhi non reagivano neanche alla luce della torcia. Lui guardò più attentamente, e notò che lei non sembrava respirare.
Caleb si tirò indietro, terrorizzato. Caitlin sembrava morta.
Ruth guaì ancora più forte: ora lo comprese.
Caleb si abbassò su di lei, e pose fermamente entrambe le mani sulle sue spalle. La scosse gentilmente.
“Caitlin?” disse, sentendo la preoccupazione nella sua stessa voce. “CAITLIN!?” gridò più forte, mentre la scuoteva con maggior forza.
Ma lei non rispose, e l'intero corpo di Caleb divenne freddo, appena immaginò come sarebbe stata la sua vita senza di lei al suo fianco. Sapeva che viaggiare nel tempo comportava un pericolo e che non tutti i vampiri sopravvivevano ad ogni singolo viaggio. Ma non aveva mai davvero riflettuto sulla realtà di poter morire durante il viaggio. Aveva commesso un errore a continuare ad incoraggiarla nella ricerca, nella sua missione? Avrebbe dovuto semplicemente lasciar perdere, stabilirsi con lei nell'ultima epoca e nell'ultimo posto in cui erano finiti?
Che cosa sarebbe successo se lui avesse perso tutto?
Ruth saltò nel sarcofago, stando con tutte e quattro le zampe sul petto di Caitlin, e cominciando a leccarla su tutto il viso. Passarono i minuti, e Ruth non smise mai di leccarla, guaendo al contempo.
Appena Caleb si abbassò, pronto a tirar su Ruth, lui si fermò. Si stupì, mentre Caitlin cominciò ad aprire un occhio.
Ruth latrò, felicissima, saltando fuori ed iniziando a correre in cerchio. Caleb si chinò, altrettanto felice, mentre Caitlin finalmente apriva entrambi gli occhi, cominciando a guardarsi intorno.
Caleb si affrettò a stringere una delle mani gelide, riscaldandola tra le sue.
“Caitlin? Riesci a sentirmi? Sono io, Caleb.”
Lentamente, lei iniziò a tirarsi su, e lui l'aiutò, sostenendola, ponendole gentilmente una mano dietro il collo. Era così felice di vederla battere le palpebre, strizzare gli occhi. Si rese conto di quanto fosse disorientata, come se si fosse appena destata da un sonno profondo, molto profondo.
“Caitlin?” le chiese di nuovo, dolcemente.
Lei lo guardò con perplessità, gli occhi castani belli come lui li ricordava. Ma c'era qualcosa, Caleb poteva dirla con angosciosa certezza, che non andava. Lei si manteneva sulle sue e, mentre batteva gli occhi, questi sembravano essere rivolti ad un estraneo.
“Caitlin?” la chiamò ancora una volta, con sempre maggiore preoccupazione.
Lei lo guardò, con gli occhi spalancati, e Caleb comprese, colto da un improvviso shock, che non lo riconosceva.
“Chi sei?” lei chiese.
Il cuore di Caleb sprofondò. Era possibile? Il viaggio le aveva cancellato la memoria? Lo aveva davvero dimenticato?
“Caitlin,” lui insisté di nuovo, “sono io. Caleb.”
Lui sorrise, sperando che forse l'avrebbe aiutata a ricordare.
Ma Caitlin non rispose al sorriso. Si limitò a guardarlo, con lo sguardo privo di emozione, battendo gli occhi diverse volte.
“Mi dispiace,” lei disse infine. “Ma non ho idea di chi tu sia.”
Sam si svegliò al canto stridulo degli uccelli. Aprì gli occhi, e vide in alto, diversi avvoltoi volare in cerchio, Dovevano essere una dozzina e si abbassavano di più, sempre di più, apparentemente diretti verso di lui, come se lo guardassero. Come se attendessero.
All'improvviso, comprese che gli uccelli lo credevano morto e stavano aspettando la loro occasione per piombargli addosso e nutrirsene.
Sam balzò in piedi, e, in quello stesso istante, gli avvoltoi volarono improvvisamente via, come se si fossero sorpresi dalla sua resurrezione.
Sam si guardò intorno, provando a orientarsi. Si trovava in un campo, nel bel mezzo di colline ondulate. Fin dove riusciva a spingere lo sguardo, c'erano altre colline, ricoperte di erba e strani cespugli. La temperatura era perfetta, e in cielo non si vedeva una nuvola. Era molto pittoresco, e non c'era alcun edificio in vista. Sembrava proprio che fosse finito nel mezzo del nulla.
Sam tentò di comprendere dove si trovasse, in che epoca fosse, e come ci fosse arrivato. Provò disperatamente a ricostruire gli ultimi eventi. Che cosa era accaduto prima che lui tornasse indietro nel tempo?
Lentamente, ricordò. Era stato a Notre Dame, a Parigi, nel 1789. Aveva combattuto contro Kyle, Kendra, Sergei e la loro gente, tenendoli alla larga, per consentire a Caitlin e Caleb di scappare. Era il minimo che potesse fare, e le doveva così tanto, specialmente dopo averla messa in pericolo per la sua spericolata relazione con Kendra.
Trovandosi in grande inferiorità numerica, era ricorso al suo potere di muta-forma, ed era riuscito a confonderli abbastanza da creare danni considerevoli, uccidendo svariati uomini di Kyle, indebolendo gli altri ed infine scappando con Polly.
Polly.
Era stata al suo fianco per tutto il tempo, aveva combattuto valorosamente, e i due, lui ricordò, insieme avevano costituito una forte squadra. Erano fuggiti attraverso il soffitto di Notre Dame, ed erano andati a cercare Caitlin e Caleb nella notte. Sì. Tutto stava cominciando a tornargli in mente….
Sam aveva scoperto che sua sorella aveva viaggiato nel tempo, e immediatamente aveva capito di dover andare anche lui indietro nel tempo, per rimediare ai propri errori, per ritrovare Caitlin, scusarsi e proteggerla. Sapeva che lei non ne aveva bisogno: era una guerriera migliore di quanto lui fosse ora, ed aveva Caleb. Ma era sua sua sorella dopotutto, e l'impulso di proteggerla era difficile da spegnere.